Giorno 19 di quarantena. Esco per la prima volta per andare a fare la spesa.
Autocertificazione nel portafoglio, da compilare nel caso mi fermassero.
Parcheggio, spengo la macchina, mi metto i guanti e la mascherina. Gli occhiali si appannano subito, l’aria diventa immediatamente pesante.
Prendo il carrello, faccio la coda, la gente si guarda con diffidenza, nessuno parla. C’è il sole, è primavera, ma il freddo che si percepisce fra le persone non lo scaldano neanche questi raggi di metà marzo.
Entro al supermercato, cerco di toccare meno cose possibile, mi pizzica la guancia ma non posso toccarmi il viso, gli occhiali continuano a appannarsi ogni volta che espiro e scivolano sul naso… come li tiro su senza usare le mani?
Tutte le saracinesche dei negozi in galleria sono abbassate. Non ci si può sedere sulle poltroncine, c’è un silenzio surreale, scandito solo dagli annunci del personale che ricorda di mantenere il metro di distanza e disinfettarsi le mani col gel alcoolico.
Faccio la spesa, pensando a cosa mangerò nei prossimi 10 giorni. Non l’ho mai fatto, cercavo sempre di comprare solo il necessario.
Cerco di finire il più in fretta possibile, un signore è in difficoltà perchè non riesce a prendere una cosa su uno scaffale alto. D’istinto mi avvicino per aiutarlo, poi mi fermo. Non mi sarebbe mai successa questa cosa, due mesi fa. Lui capisce, fa qualche passo indietro, prendo la scatola di passata di pomodoro e gliela metto su un ripiano più basso. Mi allontano sorridendogli con gli occhi, poi si avvicina lui, prende i barattoli e mi risponde con un cenno della mano.
Arrivo alle casse, ho usato il salvatempo, non parlo neanche con le cassiere. Ho già imbustato tutto, voglio solo arrivare in macchina, togliermi la mascherina e respirare. MI sembra quasi di aver passato gli ultimi 40 minuti in apnea.
Tolgo i guanti, disinfetto le mani, tolgo la mascherina, entro in macchina. Respiro. E senza accorgermene, sento una lacrima che scende dagli occhi.
Sono sempre stata una persona positiva. A volte anche troppo. La prima cosa che le persone nominano di me è il sorriso.
Ma oggi no. Il sorriso non ce l’ho.
(NON) ANDRÀ TUTTO BENE
Non è vero che #andràtuttobene.
Pensateci.
Ci saranno centinaia di persone che perderanno i loro cari senza potergli dare un ultimo saluto.
Ci saranno famiglie divise per mesi.
Nonni che non vivranno i primi mesi dei propri nipotini, alcuni si perderanno i loro primi passi o la loro prima parola.
Ci saranno medici, personale sanitario, infermieri che arriveranno allo stremo delle forze ogni giorno, per mesi: rinunceranno alla famiglia, al riposo, alla serenità per combattere questa cosa, invisibile eppure enorme.
Ci saranno aziende che chiuderanno, liberi professionisti che dovranno fare sacrifici immensi per rimanere a galla. Tanti piccoli negozi di paese chissà se rialzeranno la saracinesca una volta finito tutto.
Ci saranno progetti e sogni di una vita messi in stand by o abbandonati.
Ci saranno amori messi a dura prova dalla distanza e equilibri che si incrineranno, costretti dalle quattro mura di casa.
Ragazzi che perderanno gli ultimi mesi delle superiori, o che si laureeranno a distanza, perdendo la magia di un giorno così magico.
ANDRÀ. NE USCIREMO.
Andrà. Ecco, possiamo dire che andrà. Che ne usciremo, magari più forti, più consapevoli di tante cose. Ma non è giusto dire che andrà tutto bene, perchè non è vero che sarà così, non per tutti.
E io, oggi, è a quelle persone che voglio pensare: quelle per cui tutta questa assurda situazione rimarrà sulla pelle e nella mente per sempre. E per cui non andrà tutto bene.
Volevo solo dirvi che vi penso. E che ne usciremo. Tutti insieme.
Un abbraccio, oggi un po’ più malinconico.
La vostra baG girl
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