Vi parlo della mia esperienza al Refugee Food Festival e di come le storie degli altri possono cambiare la nostra.
Spesso su questo post si parla di cose frivole, dalla moda al beauty, perchè è di questo che mi piace riempire la mia vita, chè di cose pesanti ci circondiamo già abbastanza tutti i giorni.
Però.
C’è un però.
Quello che vi racconto oggi è un po’ diverso. Più profondo, più personale, più importante. Perchè è giusto dare valori diversi anche alle cose.
Ho partecipato spesso ad eventi di vario genere grazie a questo blog ed è una delle cose che amo di più di questa realtà. Mi dà la possibilità di conoscere nuove persone, nuove storie, nuovi mondi.
L’evento a cui ho partecipato venerdì 30 giugno, però, è stato diverso. Mi ha fatto conoscere anche un po’ me stessa, un po’ più nel profondo, scoprire emozioni che non dovrebbero mai mancare in nessuno di noi.
Ma dove sono stata? Avete ragione, adesso vi racconto.
REFUGEE FOOD FESTIVAL A FIRENZE: QUANDO IL CIBO UNISCE
Venerdì 30 giugno è stata la tappa conclusiva del Refugee Food Festival, una festa iniziata il 26 giugno e che conclusasi al Villaggio La Brocchi di Borgo San Lorenzo con una cena a base di ricette internazionali.
Il festival, promosso dall’associazione francese Food Sweet Food e l’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR), è al suo secondo anno di vita e quest’anno ha toccato varie città europee coinvolgendo più di 80 ristoranti.
La formula di base del Refugee Food Festival è semplice ma di forte impatto: Chef locali pensano insieme a chef rifugiati menu in cui la contaminazione è la chiave di lettura, mescolando ricette dei vari paesi e dando vita a un susseguirsi di gusti interazionale.
Il cibo che unisce, quando tutto sembra voler dividere.
Quante volte abbiamo preparato cenette riparatrici a lume di candela o organizzato pizzate come occasione per rivedere amici che non vedevamo da un po’?
Ecco, il concetto è lo stesso, ma pensato molto più in grande.
Davanti al cibo siamo tutti uguali, un piatto su una tavola apparecchiata è da sempre sinonimo di cordialità, di apertura verso l’altro, occasione di dialogo e di incontro. Ed è questa la filosofia del Refugee Food Festival. Il cibo ha un potere universale, parla a tutti, in tutte le lingue. E’ condivisione. Ed è questo il messaggio che vuole trasmettere il Refugee Food Festival.
IL VILLAGGIO LA BROCCHI A BORGO SAN LORENZO (FIRENZE)
Al Villaggio La Brocchi è stato lo chef Marco Stabile ad organizzare il menu “a 8 mani” insieme agli chef rigufiati Sara Unatu Tagi, Slay Baki e Zakari Abasse proponendo di un menu internazionale con forti ispirazioni provenienti da Etiopia e Togo. L’obiettivo è quello di promuovere l’integrazione, dopo l’accoglienza, di persone rifugiate scappate dal loro paese per motivi di guerra e povertà.
La possibilità di parlare con questi ragazzi, che hanno fatto della loro passione il modo di salvarsi da storie difficili e spesso distruttive, è stata come una spinta a fare meglio, a fare di più, per me stessa ma anche per gli altri.
“Siamo solo nati dalla parte fortunata del mondo” mi ha detto la mia amica Silvia (trovate il suo sito qui!) ed è vero. E’ stato il destino a scegliere per noi e dobbiamo essere grati di questo regalo, non sprecarlo in inutili scontri, nella vita di tutti i giorni ma anche a livello mondiale.
Vedere gli occhi dei bambini ospitati nella struttura mentre giocavano con la pittura insieme alle loro mamme, quelli dei giovani ragazzi chef che inseguivano il loro sogno, quelli dei ragazzi che facevano le prove del coro e ricordavano canzoni dei loro paesi contaminandole con musiche più occidentali è stato uno dei regali più belli che questo blog mi ha fatto in tutti questi anni.
Ascoltare le storie di persone che hanno passato anni interi a lottare per sopravvivere,che si sono ritrovate senza casa e senza terra, senza patria e senza speranze, è stato il passo dalla teoria alla realtà. Parlare di cose che non ho mai toccato con mano non mi è mai piaciuto, e questa esperienza me ne ha convinto ancora di più.
COSA HO IMPARATO…
Esistono storie dietro ogni persona, sentimenti e speranze che dobbiamo sforzarci in tutti i modi di non distruggere solo perchè “siamo nati nella parte fortunata del mondo”.
Restiamo umani, diceva qualcuno. E io ci provo tutti i giorni, soprattutto dopo questa giornata.
The baG girl
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